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rassegna stampa calabrese
Fonte: La Provincia Cosentina
Data: 08/11/2007
Autore: Filippo Marra Cutrupi
La Provincia Cosentina
Locri: La speranza di questa terra
Provincia: Reggio Calabria
Comune: Locri
Argomento: Cronaca
Locri: La speranza di questa terra

Giuseppe e Anna i figli di Franco Fortugno dopo due anni di silenzio rompono gli indugi e rilasciano una intervista esclusiva, al nostro giornale. Li incontriamo nel salotto di casa Fortugno, che si trova in piazza del tribunale a Locri. Giuseppe è appena rientrato dall’udienza dove è stato sentito come testimone nel processo contro i presunti mandanti ed esecutori dell’omicidio Fortugno: «La nostra vita è cambiata sicuramente - ci dice - perché la morte improvvisa di mio padre, ci ha fatto maturare in fretta. Abbiamo “dovuto” capire tante cose, ma siamo anche migliorati nella gestione della vita di tutti i giorni ». Poi Giuseppe e Anna aprono forse ciò che per tanto tempo è stato chiuso nel loro cuore. Nel silenzio del dolore vissuto con riservatezza, compostezza. Il primo pensiero è per i ragazzi di Locri. A parlare è sempre Giuseppe: «Li vogliamo ringraziare per i tanti striscioni delle manifestazioni di Locri, di Reggio delle altre città d’Italia. Sappiamo che tantissimi si sono uniti a loro da tutta la penisola. Vogliamo che sappiano che noi, la nostra famiglia, ha visto in voi un altro se stesso. Perché noi sappiamo che le idee di nostro padre camminino sulle gambe di tutti voi. Noi siamo con voi». Parole semplici come lo può essere un riconoscimento alla solidarietà ricevuta, senza se e senza ma. “Questi ragazzi - continua Giuseppe - che sono la speranza di questa terra, li vogliamo ringraziare perché a distanza di due anni continuano spontaneamente una strada nobile”. Anna e Giuseppe, i figli di Francesco Fortugno, l’esponente della Margherita assassinato il 16 ottobre del 2005 a Locri, davanti a un seggio delle primarie dell’Ulivo, studiano Medicina all’università di Roma Tor Vergata. E dalle loro parole traspare grande senso civico e e assunzione di responsabilità. «Siamo grati a tquanti ci sono stati vicini. Ma, ripeto, soprattutto ai giovani che con la loro reazione hanno dimostrato grande maturità. Che è condivisione del dolore, desiderio di giustizia, rivalsa contro una cultura mafiosa che ha messo in ginocchio l’economia e la vita civile della Locride». Anna, che appare la più fragile, quella che ha somatizzato di più i segni della sofferenza, comunque sa di non essere sola nel dolore, e che suo padre continuerà a vivere attraverso le parole e le azioni di quanti non sono disposti a sottoster ai soprusi. «Mio padre non è morto in vano due anni fa—dice— perchè noi, come hanno detto gli studenti, e tanti uomini e donne, da allora siamo diventati tutti testimoni. Di un’esistenza sacrificata a degli ideali. Vogliamo essere anche noi, come quei ragazzi: occhi, bocca, braccia e gambe di Franco Fortugno, che gli uomini di tutte le mafie, credono di aver ucciso ». Il loro è un ragionare che sconfigge la disperzione della perdita, con la forza di chi sa che la ragione è dalla sua parte ad indurre tutti, tutti quelli che abitano questa nostra terra, a ritrovare il giusto senso di chi non vuole lasciarsi andare all’atavico senso della sconfitta e alla sorte sempre maligna per affermare che la speranza di cambiare le cose ha un orizzonte possibilie e praticabile. Perché il silenzio e l’omertà non siano più considerati segni di saggezza, ma piuttosto, per quel che sono, senso di impotenza e viltà. La protesta, alzare la testa anche contro la più grave ferocia criminale, non è segno d’eroismo ma voglia di una vita normale espressione di senso civico. Lo Stato «ci ha dimostrato di essere presente », così conclude Giuseppe. E lo Stato, non sono solo, le forze dell’ordine e le Autorità, ma anche chi, anche per un solo giorno, ha lottatto contro