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Redazionale


di Enrica Tancioni
18/12/2007 - Cosa hanno in comune il torrente Sant’Elia, il ponte Molaro e Palazzo San Giorgio? Panetti di materiale esplosivo. Proveniente dalla Laura C. La nave da rifornimento italiana affondata al largo di Saline Joniche.
Corre l’anno 1941. La Laura Couselich salpa dal porto di Venezia. Deve rifornire le truppe italiane che combattono in Africa. La nave fa scalo a Taranto, dove si unisce ad altre due imbarcazioni: Mameli e Pugliola. Il gruppo raggiunge il porto di Messina, dal quale riparte con Altair, un cacciatorpediniere. Raggiunta la costa jonica calabrese le navi vengono attaccate da un sommergibile inglese. Un siluro colpisce la Laura C che, nel giro di pochi minuti, si adagia sul fondo sabbioso di Saline Joniche. Il 3 luglio 1941 cola a picco una delle navi da trasporto più importanti della Marina italiana.
Non è un segreto che la Laura C trasportasse oltre 5.700 tonnellate di merce e materiale vario. Tra questi circa 1.500 tonnellate di tritolo.
Per anni il relitto giace senza problemi sul fondo del mare. Molte sono le visite dei sub. Ma non tutte legali. Sembra che ‘ndranghetisti e mafiosi si rifornissero del materiale esplosivo della nave. Ovviamente non per scopi umanitari.
Nel 1995 i carabinieri del Ros di Reggio Calabria avviano un’inchiesta, in seguito alla quale emergono verità inquietanti. Infatti la Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria avanza l’ipotesi che il tritolo della Laura C fosse stato impiegato per le stragi di Capaci e di via D’Amelio. Gli attentanti che hanno ucciso Falcone e Borsellino, giudici scomodi per Cosa Nostra.
La mafia, colpita dalla legge, decide di agire. In collaborazione con la ‘ndrangheta, ovviamente. Dalle dichiarazioni di alcuni pentiti ( Vincenzino Calcara, Emanuele Di Natale e Carmine Alfieri) emerge che la criminalità calabrese regalasse alla mafia, alla camorra e alla Sacra Corona Unita panetti di tritolo. Provenienza? La Laura C. Perché non approfittare di esplosivo, per giunta gratis?
La Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria inizia subito le indagini in collaborazione con il Sisde. La nave potrebbe essere un deposito sicuro al servizio della criminalità organizzata. Purtroppo le piste non portano da nessuna parte. La tesi viene quindi abbandonata. Mancano le prove. Tuttavia la Capitaneria di Porto di Reggio Calabria vieta a chiunque di avvicinarsi al relitto. Ma il tritolo fa gola. Anche troppo. Ecco perché si affaccia l’idea di recuperare il materiale. Il progetto è pericoloso. Così nel 2001 il Genio Militare per la Marina decide di “neutralizzare” il materiale esplosivo. Come? Cementificando le stive. Con le sue 1.500 tonnellate di esplosivo. Ma è necessario trovare un metodo sicuro che salvaguardi la zona costiera di Saline Joniche. I lavori iniziano nel 2002, quasi un anno dopo. L’appalto è stato affidato a una società napoletana: la Cormorano Srl. L’operazione si svolge in 150 giorni. Costa solo 3 miliardi e 800 di vecchie lire.
Nel marzo 2004 il Ministero della Difesa approva l’idoneità e la sicurezza dello scafo.
I sub possono quindi scendere nei fondali e visitare il relitto. Ma il 6 ottobre 2006 accade l’irreparabile. Domenico Racaniello, un sub barese, perde la vita. Secondo il rapporto dei Vigili del fuoco, il corpo dell’uomo sarebbe rimasto impigliato nelle cime della nave. La Capitaneria di Porto ordina quindi il divieto di immersione e pesca subacquea nello specchio di mare che custodisce la Laura C. Dopo pochi mesi l’ordinanza viene abrogata. La Capitaneria permette le immersioni. Ma solo a scopo scientifico.
Peccato che nel periodo compreso tra il 1995 e i primissimi mesi del 2004 molti sub abbiano visitato la Laura C. Eppure esiste un divieto di immersione. Ma agli ‘ndranghetisti non interessa. Il tritolo è più importante. Ecco perché in una delle visite qualcuno ha trafugato del tritolo. Qualcuno ha pianificato un attentato ai danni del sindaco.
Così emerge dalle indagini della DDA reggina. Il 6 ottobre 2004 il Sismi segnala la presenza di tre panetti di tritolo nascosti in un bagno di Palazzo San Giorgio. Per gli inquirenti si tratta di attentato intimidatorio. È necessario mettere paura al sindaco per potere influenzare il suo operato.
Nella primavera 2004 la Direzione Distrettuale Antimafia e la Guardia di Finanza di Reggio Calabria portano a termine l’operazione “Bumma”. Al centro della vicenda c’è Gaetano Evoli, elemento di spicco della cosa Iamonte operante nel territorio di Melito Porto Salvo. Sembra che la ‘ndrina trafficasse cospicui quantitativi di materiale esplosivo, come tritolo e plastico. Grazie all’infiltrazione degli uomini della Finanza, la DDA di Reggio Calabria è venuta a conoscenza delle modalità per il reperimento del materiale esplosivo. Trafugato dalla Laura C.
Sempre nel 2004 tra agosto e settembre i carabinieri di Melito Porto Salvo e di Reggio Calabria ritrovano panetti di tritolo rispettivamente sotto il ponte Molaro e sul greto del torrente Sant’Elia. Anche in questo caso provengono dalle stive dalla Laura C. Perché il materiale è stato trasportato così lontano dalla nave? È stato il mare? O forse gli ‘ndranghetisti? Il tritolo è forse una merce di scambio? Se si con chi? Le domande sono rimaste senza risposta.
Nonostante tutto le ‘ndrine hanno scoperto la loro santabarbara. Hanno a disposizione un enorme quantitativo di materiale esplosivo. Da vendere o da usare. Sempre per scopi illeciti.
Ma a questo punto sorge un dubbio: se la ‘ndrangheta nel 2004 ha usato l’esplosivo della Laura C, non è probabile che l’abbia fatto anche nel 1995?
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